L’utopia Joyce Lussu

 

Quaderni del Circolo Rosselli,  Giunti, Firenze, 2003

 

 

Non è assolutamente un caso che nell’ultimo anno della sua vita le meditazioni di Joyce Lussu si siano svolte assiduamente intorno all’utopia, con il proposito non tanto di elaborare delle teorie nuove, quanto piuttosto di dare sistemazione organica al pensiero di un’intera vita, scartando le idee che riteneva ormai superate e adattando alle esigenze di un mondo sempre nuovo quelle che avevano resistito ai mutamenti epocali. Come sempre, non si trattava di una meditazione intellettualistica condotta per il puro gusto di esercitare la mente o creare dei bei concetti, bensì di un’indagine concreta sulla parola “utopia” per liberarla dalle stratificazioni negative accumulate nel corso del tempo e ripristinarne il senso originario, ribaltando il significato da sogno inverosimile a progettazione concreta di una società realizzabile nel futuro. Era infatti peculiare della Lussu la capacità di situarsi, rispetto alla contemporaneità, in quella giusta anacronia che permette di sottrarsi alla ferrea logica del presente identificandosi con il continuo divenire; trarre dai materiali dell’oggi un suggerimento positivo per la vita collettiva fu il motore propulsivo della sua “esistenza scritta”.

Questa espressione è particolarmente calzante quando si parla dell’utopia che per la Lussu, oltre e più che scritta, è sostanzialmente vissuta; se la sua visione non può dirsi interamente innovativa ed originale dal momento che coincide in più punti con quella di numerosi pensatori (e a dire il vero talora la anticipa), la forza della scrittrice consiste nel non essersi limitata alla elaborazione di un pensiero astratto (che non basta - diceva - per creare un discorso comune, per mettersi a fare le cose insieme), ma nell’aver voluto sempre sperimentare e suggerire una pratica di vita, rivelandosi, alla prova dei fatti, come “utopia vivente”. Se è vero, infatti, che ci fu una Lussu “pubblica”, quella della Resistenza, del dibattito politico dei grandi temi, dei movimenti internazionali per la pace, è pur vero che ci fu una Lussu, per così dire “domestica”, grande tessitrice di incontri diretti, scambi e relazioni, per discutere e progettare eventualità aperte, nella convinzione che non vi può essere vero progresso collettivo che non passi attraverso il rivolgimento reale dei singoli individui. Decisamente contraria ai violenti estremismi come ai sogni idealistici, ben lontana dal credere nelle rotture traumatiche, ella riteneva che le consuetudini non si possono abolire da un giorno all'altro, ma occorre piuttosto favorire un processo di trasformazione graduale a partire dalla sfera del privato, all'interno di gruppi ristretti ai quali sempre si proponeva con la severa fermezza dell’antico maestro che chiede non soltanto ascolto ma soprattutto adesione ad un diverso modo di vivere.

E come ogni vero maestro scopre o inventa delle radici remote per un nuovo modello di esistenza, così lo sguardo della Lussu era rivolto a quel mondo delle Comunanze che forse non è mai veramente esistito così come ella lo descrive: è un’utopia del passato ma contiene i semi per costruire il presente; descrivere delle antenate dotate di intelligenza concreta, di pacifica sapienza nella difesa della vita e della salute, contro la fame, le malattie e le calamità è un esercizio di azione educativa nel suo senso più profondo: tirar fuori, far nascere dal buio dell’inconsapevolezza la coscienza che quelle antiche doti possono essere sperimentate ancora; e infine proporre simili qualità ad ogni individuo, senza differenza di genere, per l’edificazione di una società pacifica e più umana.

Il progetto utopico per la costruzione di una “persona intera” ha tra i suoi fondamenti l’estensione a tutta la società “dell’ottica femminile” che consiste innanzitutto in una particolare sensibilità nei confronti della violenza e della guerra la quale - dice la Lussu - nella maggior parte dei casi ha avuto come vittime le donne e come agenti invece i maschi. ...Per lo più le donne si adattano alla guerra, dal momento che c'è, ma non la inventano, perché ciò è contrario alla loro natura, che è  quella di continuare la specie con i figli; invece l'uomo si dimentica di questo, non sente più nemmeno la continuità della specie. 

Ciò non vuol dire che per la Lussu le donne siano "più buone" o meno aggressive per natura: semplicemente ella ritiene che l'essere state espropriate per tanto tempo del potere e delle armi le avrebbe condotte a sviluppare altri sentimenti, altre strategie di sopravvivenza, avrebbe maturato in loro, come già diceva Virginia Woolf, una cultura dell'estraneità alla violenza e alla prevaricazione, all'arte del governare uccidendo e accumulando terra e capitale. E, seppure nella constatazione che oggi le donne sono ancora escluse dai grandi poteri decisionali, la Lussu guarda con ottimismo alla possibilità che esse possano cambiare il mondo; certo non dimentica che sono esistite ed esistono ancora molte donne che condividono con il potere maschilista ideali di autoaffermazione e sopraffazione, ma ciò non distrugge la sua fiducia di poter integrare nella visione maschile della vita un aspetto ritenuto puramente femminile come la cura per i figli che, proiettata dal piccolo nucleo familiare all'umanità intera, si tradurrebbe in interesse e attività concreta per la salvaguardia del futuro del pianeta. Su questo punto le teorie della Lussu, elaborate già in Padre Padrone, sono in linea con quella frangia dell'avanguardia americana che ha contribuito a liberare il femminismo dai suoi aspetti più massimalisti e separatisti, e perciò più caduchi; in particolar modo coincidono con gli ultimi scritti di Virginia Held: un atteggiamento "materno" e sollecito, privato degli aspetti più particolaristici ed egoistici, e volto quindi alla protezione di "tutti" i figli, potrebbe essere più adatto a ricreare l'armonia tra le persone e l'ambiente, sostituendo una visione maschile di possesso e controllo della natura.

Tutte le antiche teorie utopiche della città perfetta non offrivano suggerimenti sul come tradurre in realtà delle proposte impeccabili dal punto di vista logico, ed è stata proprio questa carenza di preoccupazione nei confronti della vita vissuta e della soggettività che ha consegnato alla parola "utopia" il senso della irrealtà. Inoltre tali teorie erano viziate da un pregiudizio di "genere", perché non ritenevano contraddittorio, pur in una prospettiva gobale di uguaglianza delle persone, di riservare la sfera pubblica e intellettuale, come superiore, agli uomini, confinando le donne in quella privata più vicina allo stato naturale e animale, dunque non necessitante di elaborazione culturale. Da una parte l'astrazione, dall'altra la materia: questa la sostanza di un’etica tradizionale, ancora non del tutto abolita, che propone la strutturazione di un individuo dimezzato, basandosi su un razionalismo che la Held considera "sospetto nel suo denigrare i sentimenti, nel suo pretendere che la moralità comporti una soppressione dell'emotività o una presa di distanza dell'io da sentimenti che possono offuscare quello che penserebbe un individuo razionale".

L'invito alla cura dei bambini rivolto anche agli uomini, iscrivendo i sentimenti nella sfera “alta” della mente progettante, è un potente strumento che abolisce la separatezza tra i sessi sostituendo alla lotta la collaborazione dialettica, giacché intende, nelle intenzioni della Lussu, spezzare per la donna le catene della "missione materna", che a suo parere il movimento operaio occidentale ha invece rinsaldato condannando la metà femminile delle masse a un doppio lavoro, a casa e in produzione; senza peraltro eliminare la responsabilità verso i figli, come fa il femminismo borghese... La prospettiva è dell'estensione della missione materna al padre, che ha pari responsabilità nella generazione di una nuova vita.

Fin dai suoi primi libri la Lussu ha affermato che maschilismo e sistema della guerra poggiano sulle stesse logiche: prepotenza, diritto di sopraffazione e degradazione di esseri umani ritenuti inferiori; viceversa un atteggiamento "materno" esteso anche all’uomo non potrebbe che produrre l’abbandono di un simile stereotipo sessuale, edificando alla lunga una società antimilitarista e non violenta; perché è difficile pensare che delle persone da sempre incaricate di difendere i bambini, curarne la crescita, la personalità e la capacità di intrattenere relazioni non conflittuali con gli altri, possano poi prendere la decisione di distruggerne le vite piuttosto che conservarle.

C’è da mettere in evidenza, tuttavia, che nel progettare la “persona intera” Joyce non intendeva banalmente sommare qualità maschili e femminili, bensì dare origine a forme inedite di vissuto, in un individuo, appunto, utopico, di cui ella stessa rappresentò il prototipo: infatti, anche grazie al livello sociale, alla cultura e alla tolleranza della sua famiglia, poté agevolmente fondere doti eccezionali sia maschili che femminili creando un personaggio originale, al quale l’alter ego ideale, la Sibilla, fornì l’autorevolezza dell’antica sapienza materiale (la cognizione profonda di ciò che la natura può fornire per la sopravvivenza umana) unita, diciamolo pure, all’intima soddisfazione per il possesso del  prestigio di chi sa consigliare e farsi ascoltare perché conosce delle cose che gli altri (persino se uomini) non sanno.

 Ed è ancora peculiare della Sibilla la convinzione che non sia sufficiente conservare la vita per darle senso e dignità: appartiene invece propriamente alla dimensione etica il gioire del semplice fatto di essere vivi, affinando i sensi, creando suoni più dolci, immagini più colorate, movenze più aggraziate, parole più belle di quelle di tutti i giorni. Scrivere in tal modo negli Anni 70 non significò per la Lussu soggiacere alle parole d’ordine del tempo riaffermando imperiosamente il “diritto alla felicità”, bensì - con quell’atteggiamento pedagogico di cui tanto nella società odierna si sente la mancanza - offrire dei modelli, personalmente sperimentati, per costruire la gioia di vivere: considerare le cose nel loro giusto livello -né troppo né poco - avendo consapevolezza di ogni atto; scoprire il sapore delle minute cose che nel mondo maschile tradizionale non contano, come il rito della preparazione del cibo  da consumare poi insieme a tante persone, gioiosamente; circondarsi di oggetti semplici e poveri, ma gradevoli ai sensi e disposti con grazia, inventando dal nulla bellezza e armonia, che dagli oggetti si comunicheranno ai rapporti tra le persone; circondarsi di fiori che - dice in Portrait - si possono avere anche se non si ha un giardino né soldi per comprarli. A Parigi, andavo nei mercati verso mezzogiorno, quando le bancarelle smobilitavano, e raccoglievo nei mucchi di rifiuti gli anemoni spampanati, le giunchiglie appassite, le rose decapitate. Con molta cura, le facevo vivere ancora qualche giorno.

Effettivamente lei la “estetizzazione del quotidiano” l’aveva sempre praticata, a cominciare dalla casupola in cui per la prima volta sperimentò la convivenza con il marito Emilio nelle montagne dell'Isère. Arrivammo senza bagagli, perché avevamo viaggiato clandestini. Con frenetico attivismo, pulii e lustrai l'unica stanza meglio che potei, imbastii un cuscino pieno di paglia col mio foulard di seta e confezionai una sorta di abat jour attorno all'unica lampada, col pizzo della mia sottoveste; corsi fuori alla ricerca di fiori selvatici e fronde, li aggiustai in ogni recipiente o barattolo che riuscii a trovare, e infine, dato che Emilio non era ancora tornato dalla passeggiata, disegnai su una parete, con un pezzo di carbone, due cavalli con la criniera spiegata. 

Piuttosto che disprezzare, come faceva il femminismo più radicale, le virtù domestiche di “ornamento del nido”, la Lussu, grazie alla consueta operazione di scavo e ribaltamento, ne salva gli elementi positivi, come la creatività, indispensabili alla costruzione di una stanza universale, non più “tutta per sé”: dove oltre ai fornelli ci sono libri e poltrone, uno scrittoio e anche un letto e al centro un grande tavolo conviviale per viandanti e pellegrini. Adornare una casa e se stessi, curare vesti e stoffe per la loro grazia non per il loro costo o l’essere alla moda, vestirsi di fascino che consiste nel far esistere l’altro e fargli sentire che è come te: per questo atteggiamento di cortese disponibilità alla vita Joyce Lussu con la consueta agile leggerezza reinventa, nell’ultimo libro pubblicato, il nome di ‘civetteria positiva’, la quale diffonde bellezza, armonia, equilibrio e può rendere prezioso anche ciò che è banale e quotidiano, dare preziosità anche a una persona, convincendola che ci fa piacere se continua a stare vicino a noi.

Così l’ottica femminile permette di riportare la vita nella sua dimensione autentica di profondità e apertura, poiché per la Lussu “l’essere per sé” è nello stesso tempo un “essere per gli altri” e il suo umanesimo include sempre la politica, in senso alto e forte.  Così la cura del privato diviene forma di comunicazione e la stanza armoniosa si proietta verso l’esterno, modello di una società futura  che non c’è ancora ma che si sta cercando di realizzare, in cui gli esseri umani collaborano e non si distruggono a vicenda.

 

 

 

Note

Virginia Held, Etica  femminista, Feltrinelli, 1997

Le frasi in corsivo sono tratte dai seguenti testi:

Joyce Lussu, Padre padrone padreterno, Mazzotta, 1976

 “           “      L'Acqua del 2000, Mazzotta, 1977

 “           “      Il libro delle streghe, Transeuropa, 1990

 “           “      Portrait, Transeuropa, 1988

J. Lussu/ L. Trapè, Sulla civetteria, Voland, 1998

“      “       “     “      Elogio dell’utopia, inedito

 

 

 

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