STORIE DI MATTONI

Da "Il volto che muta- Viaggio attorno all'ex manicomio di Fermo", Livi Editore 2003

Luana Trapè, Tecnica mista su carta, cm 30 x 40, 2003

BASILIO

 

   Mi vedete quando ormai sono un uomo finito, senza capelli, con il corpo sformato.

Eppure la grassezza mi conferisce un certa maestà, tale e quale a quel re di Micene, rigido nella sua maschera d’oro. E chissà che un po’ del suo sangue non scorra ancora nelle mie vene. Vennero i suoi discendenti banditi dal regno con l’accusa di empietà e adattarsi dovettero ai più umili lavori. Alterne furono le vicende dei loro figli e dei figli dei figli, e infine dopo mille peripezie giunsero in Italia.

Non sento talvolta il suono della loro lingua confusa nelle mie orecchie? Non parlano tutti insieme le loro parole sconosciute?

 

Chiuso nel loro cerchio e vinto, io, erede di tanta stirpe, medito sul mio esilio.

 

LO SCRIVANO

Quelli che mi raccolsero esanime sulla via Cassia raccontarono che, mentre correvo tutto festoso incontro ai soldati Alleati, una camionetta mi travolse e battei la testa sul selciato. Quando la mano del destino mi scaraventò in questa remota parte del mondo, della vita precedente ricordavo soltanto l’iniziale del mio nome. Trovato un chiodo iniziai a graffiarla sul muro. Preso dall’entusiasmo, alle lettere feci seguire dei numeri.

Avendo scoperto che scrivevo magnificamente, mi ricordai di essere un uomo, il primo uomo comparso tra creature dalle menti più lacere dei loro vestiti e volli incidere il nome della città che mi vide nascere per la seconda volta.

Allora diventai per tutti “Lo scrivano” e i compagni si raccolsero intorno a me, facendo a gara per offrirmi sigarette affinché fissassi su questo muro qualche frammento della loro vita, prima che il silenzio la divorasse del tutto. Io incidevo tutto quello che desideravano e talvolta resi comprensibili i loro mugolii. Ora essi vi parlano attraverso la mia scrittura.

Ci furono anche quelli che vollero scrivere da soli. Ma soltanto negli imitatori più bravi, o passeggero, potrai ritrovare la mia eleganza. Molti mi chiesero di imprimere le date del loro passato e circondandole di stelle diedi luce alla nostra esistenza.

Pari ad ergastolani, siamo inferiori a qualsiasi altro carcerato. Lui può almeno tracciare l’arco del tempo che lo separa dalla libertà, invece per noi non c’è futuro poiché dimoriamo qui per sempre.

Noi possiamo soltanto incidere le cifre del passato che sempre ritorna.

 

 

               

 

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